Clara Calamai è stata il primo scandalo del cinema italiano. Bellissima, sensuale, altera come una diva francese, nel 1942 osò ciò che nessuna attrice aveva mai fatto prima: apparire a seno nudo ne La cena delle beffe, scatenando lo scandalo e la fascinazione di un intero Paese sotto dittatura. Un anno dopo, con Ossessione di Luchino Visconti, rinunciò agli abiti eleganti e al trucco, prestando il volto e il corpo a Giovanna, la bottegaia frustrata che inaugurò il neorealismo. Da quel momento divenne il simbolo di una generazione: l'immagine che i soldati italiani portavano al fronte nel portafogli, la donna proibita che incarnava il desiderio e il peccato. Ma Clara Calamai non fu solo la diva conturbante degli anni Quaranta. Fu anche una donna inquieta, fragile, piena di passioni e paure, che scelse a un certo punto di abbandonare le luci del set per inseguire affetti e normalità. Un ritiro improvviso che la rese ancora più leggendaria, come una Greta Garbo italiana. Poi, quando sembrava ormai dimenticata, la chiamata inattesa: Dario Argento la volle in Profondo rosso, restituendole una nuova, inquietante immortalità. Bellissima dea è il romanzo di una diva che bruciò di scandalo e desiderio, e che pagò con il silenzio e l'ombra il prezzo della sua unicità.