«Tutti sanno che il mondo di oggi è l'inferno» afferma Theodor W. Adorno nel 1939, mentre il patto di non aggressione fra Germania e Unione Sovietica getta un'ombra cupa sul futuro e l'Europa precipita verso la guerra. Nel 1956 - l'anno in cui Chruscëv denuncia i crimini di Stalin, la rivolta d'Ungheria è soffocata nel sangue e il Partito Comunista di Germania viene sciolto - Max Horkheimer prosegue l'amara diagnosi: «Il mondo è impazzito. L'intera storia dell'umanità non è altro che una falena attratta dalla luce, destinata inevitabilmente a bruciarsi». Eppure, proprio in questi momenti di buio, i due filosofi si ritrovano per discutere la stesura di un nuovo Manifesto, ispirato a quello del Partito Comunista. Rileggono Marx, per mostrare «che è possibile essere comunisti e al tempo stesso condannare i russi». Riflettono sulla storia come promessa di salvezza o come catastrofe, in un dialogo ideale con Walter Benjamin. Con uno slancio quasi teologico arrivano persino a ipotizzare che «andrà tutto bene». Ma a chi rivolgersi? Quale linguaggio adottare? Come ricucire il legame spezzato tra teoria e prassi? Tra aforismi, battute e intuizioni visionarie, i due francofortesi continuano a cercare una risposta, fino ad accarezzare l'idea di un appello per la fondazione di un nuovo partito. Le loro conversazioni del 1939 e del 1956 sono qui raccolte e tradotte per la prima volta in italiano, accompagnate da un ampio saggio di Nicola Emery che ne ricostruisce la genesi e ne illumina i temi centrali.